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Inquinamento da microplastiche

Microplastiche

Articolo aggiornato il 14-01-2019

Le microplastiche sono piccole particelle di plastica provenienti da prodotti come i vestiti sintetici, pneumatici per auto, cosmetici, dentifrici che contribuiscono a creare la “zuppa di plastica” che inquina gli oceani del mondo ed è una grande fonte di “inquinamento da microplastiche” proveniente dai rifiuti di plastica. l'inquinamento plastica è un grave problema, finora praticamente disatteso a livello mondiale, che sta trovando una nuova attenzione da parte di molte nazioni, tra queste l’Italia che si sta muovendo a livello europeo ed internazionale per mitigare questo tipo di inquinamento.
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Microplastiche

Dalla cosmetica, abbigliamento e processi industriali vengono generate le microplastiche (in particolare pneumatici per auto, tessuti sintetici, rivestimenti marini, segnaletica stradale, prodotti per la cura personale, pellets di plastica e polveri urbane) che si dividono in due grandi tipologie quella "primaria" creata dell'uso umano di questi materiali e quella "secondaria" proveniente dalla frammentazione dovuta alla rottura di più grandi parti di plastica; tutte e due le categorie restano nell'ambiente in elevate quantità, in particolare negli oceani, mari, fiumi e laghi. Il fenomeno è dovuto al fatto che la plastica si deforma ma non si frantuma per molti anni, di conseguenza può essere ingoiata e accumulata nel corpo e nei tessuti di numerosi organismi. Si stanno effettuando ricerche per comprendere meglio in quale come si svolge l'intero ciclo e movimento delle microplastiche. Negli ultimi tempi alcuni studi ci dicono che l’inquinamento da microplastiche è entrato nella catena alimentare e non solo per quanto riguarda la fauna marina ma raggiungendo gli alimenti tra cui la birra, il sale marino, il miele. Le più recenti stime danno a 9,5 i milioni di tonnellate di plastica che ogni anno finiscono nelle acque di tutto il mondo fenomeno che sta provocando una effettiva emergenza ambientale, fra il 15 e il 31% di questa grande quantità di plastica terminata ogni anno negli oceani si ritiene che sia di microplastiche primarie, con circa i 2/3 scaturiti dal lavaggio di tessuti sintetici e dall’abrasione degli pneumatici dei veicoli circolanti. Quindi è necessario mettere in campo tutte le misure utili a ridurre la produzione di plastica e imballaggi usa e getta e di incoraggiare le buone pratiche e l’innovazione nel settore; tra cui vanno evidenziate e applicate 3 parole d’ordine: riduzione, riuso e riciclaggio. Inoltre si deve andare verso l’utilizzo di più basse quantità di imballaggi, scegliendo per quanto possibile materiali da imballaggio riciclabili (al posto dei materiali vergini) o compostabili, e riutilizzandoli più volte per lo stesso uso.
Segnaliamo ad esempio che se oggi gettiamo in mare una bottiglia di plastica verrà decomposta attorno all’anno 2469.

Che sta facendo l'Italia
Il nostro paese, tra i primi nel mondo, ha approvato a dicembre 2017 una norma che prevede che dal 2019 non sarà più possibile commercializzare e produrre in Italia bastoncini cotonati per le orecchie (cotton fioc), che non siano biodegradabili e compostabili; inoltre è stato introdotto il divieto, dal 2020, di utilizzare microplastiche nei cosmetici. Parliamo di prodotti che provocano un elevato inquinamento non venendo bloccati dagli attuali sistemi di depurazione e terminando in mare. Questi provvedimenti si pongono l’obiettivo di scongiurare o comunque ridurre l’inquinamento marino, contribuendo in questo modo al contrasto del cosiddetto “marine litter”, originato da plastiche e microplastiche nei mari perché la maggior parte dei rifiuti galleggianti o sommersi è composta da plastica.
Recenti studi pongono l'accento sul fatto che si è constatata una rapida evoluzione delle microplastiche che si stanno pian piano trasformando da microplastiche in nanoplastiche, particelle molto più piccole che aumentano la possibilità (se ingerite dai pesci) di trasferirsi nei loro tessuti ed essere successivamentequindi ingerite anche dall’uomo, esponendoci a rischi per la salute umana ancora sconosciuti dalla scienza.

Rapporto IUNC
L’Unione Mondiale per la Conservazione della Natura – IUCN che ha come scopo quello aiutare il mondo a trovare soluzioni pragmatiche per le sfide ambientali e di sviluppo più urgenti, in tema di inquinamento da microplastica ha predisposto un recente rapporto che indica nei tessuti sintetici e pneumatici le principali fonti dell’inquinamento marino «Le minuscole particelle di plastica lavate via da prodotti come i vestiti sintetici e gli pneumatici per le auto potrebbero contribuire fino al 30%alla “zuppa di plastica” che inquina gli oceani del mondo e – in molti Paesi sviluppati – sono una grande fonte di inquinamento di plastica marina proveniente dai rifiuti di plastica».
Per le microplastiche primarie il rapporto ci dice che le plastiche che entrano gli oceani sotto forma di piccole particelle, al contrario dei macro-rifiuti di plastica che degradano in mare  – rilasciate da prodotti domestici e industriali in 7 regioni geografiche. Inoltre esamina le principali fonti di microplastiche che comprendono pneumatici per auto, tessuti sintetici, rivestimenti marini, segnaletica stradale, prodotti per la cura personale, pellets di plastica e polveri urbane.
Sempre secondo il rapporto, «Tra il 15 e il 31% dei circa 9,5 milioni di tonnellate di plastica sversate ogni anno negli oceani potrebbero essere microplastiche primarie, quasi i due terzi delle quali provenienti dal lavaggio di tessuti sintetici e dall’abrasione degli pneumatici durante la guida».

Microplastiche anche in laghi, fiumi e spiagge
La campagna di Legambiente/Enea del 2017 ha rilevato lo stato di salute delle acque dolci del paese rilevando l’aumento della presenza di microparticelle (particelle di dimensione inferiore ai 5 mm) dette anche "palline plastica"di materiali ottenuti dalla lavorazione del petrolio nei bacini lacustri italiani. Nei sei laghi controllati sono state ritrovate microplastiche, con al primo posto al lago di Como (densità media di 157 mila frammenti per chilometro quadrato). L’Italia settentrionale è più inquinata, con un picco di oltre 500 mila particelle nel tratto in corrispondenza del restringimento tra Dervio (Lecco) e Santa Maria Rezzonico (Como). Secondo è il lago Maggiore (densità media di 123 mila particelle di plastica per chilometro quadrato) un picco di oltre 560 mila in corrispondenza della foce del fiume Tresa, tra Luino e Germignaga (Varese). Terzo il lago di Bracciano (117 mila particelle di plastica per chilometro quadrato) che risente della siccità e l’eccessiva captazione. Segue il lago Iseo che ha una media di 63 mila frammenti. Sono stati registrati invece valori più bassi per il lago di Garda (10 mila particelle per chilometro quadrato) e per il Trasimeno (7.914). 
Per ora gli impianti di depurazione delle acque non sono in grado di bloccare le microplastiche perchè non riescono a filtrarle. A trasportare le microplastiche nei laghi sono i fiumi per cui è stata ampliata la ricerca campionando i corsi d’acqua prima e dopo i depuratori. Nell’Oglio, affluente del lago d’Iseo, è stato rilevato un incremento di particelle a valle del depuratore pari all’81%. Per l’Adda, fiume che alimenta il lago di Como, l’acqua che esce dall’impianto contiene il 62% di microplastiche in più di quella in entrata. I rifiuti di plastica inquinanti li troviamo anche sulle spiagge con la presenza di cotton fioc, bottigliette, copertoni e altro; fenomeno dovuto alla deturpazione continua e quotidiana all’ambiente prodotta dalle cattive abitudini dei cittadini rispetto al corretto smaltimento dei rifiuti.
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