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Isola di plastica
Isola di plastica che inquina le acque
Articolo aggiornato il 24-04-2018Negli oceani e nei mari si stanno formando orrende isole di spazzatura in cui la plastica è predominante. Questo fenomeno è dovuto ai rifiuti formati soprattutto da materiali plastici gettati/perduti da navi in transito o buttati in mare dalle coste che si accumulano formando queste isole. Parliamo di una massa enorme che si muove sulle acque con estensione superficiale rilevante ma attualmente non quantificabile con esattezza. Queste isole di plastica sono un enorme disastro ambientale e rappresentano il fallimento dell’attuale modello di sviluppo. L'inquinamento da plastica è presente anche nei laghi, fiumi e spiagge.

Isola di plastica e relativo inquinamento
La classifica mondiale dei rifiuti vede in testa la plastica seguita da vetro, ceramica, metallo, carta e cartone. In particolare la plastica ci sta assediando in ogni luogo del pianeta ma la ritroviamo principalmente in mare, lungo le coste e sulle spiagge. Le plastiche che si producono sono di moltissime tipologie e ognuna ha particolari caratteristiche, e vengono utilizzate in tutti i settori delle attività umane. Numerosissimi prodotti che in passato erano ricavati da legno, tessuto o metallo oggi vengono costruiti con la plastica, i rifiuti di plastica sono prodotti maggiormente da cassette di polistirolo, sacchetti di plastica, shopper e buste, bottiglie, tappi, accendini, piatti e forchette. Tra le qualità della plastica troviamo: l’economicità, la leggerezza, la resistenza e la durata nel tempo. Alla luce di queste proprietà questo materiale si dovrebbe usare il più a lungo possibile e a fine del ciclo di vita si dovrebbe smaltire o riciclare in maniera corretta. Il basso costo e la elevata flessibilità permette loro di venir sempre di più sfruttati per fare oggetti del tipo “usa e getta” o “monouso” (piatti, posate, bicchieri, imballaggi, cialdine del caffè espresso) di difficile riciclo. Le isole di plastica vengono formate dalle correnti marine ed essendo la plastica non biodegradabile resta per tempi lunghissimi nell’ambiente se non vengono rimosse. Nelle acque salate avviene una lentissima degradazione dovuta in particolare alla luce del Sole, che smembra i pezzi plastici in sottili filamenti che non sono metabolizzabili dagli organismi, e finiscono per formare un miscuglio brodoso nell’acqua salata.
Mari come discariche
L’uomo utilizza il mare come una grande discarica (solo in parte imputabile alle attività industriali ed alla pesca) questa cattiva consuetudine è dovuta al nostro stile di vita che non è in sintonia con l’ambiente, con la conseguenza della deturpazione del paesaggio, della dilatazione dei costi necessari per le bonifiche e addirittura mangiando pesci qualche volta avvelenati. Con le nostre abitudini quotidiane facciamo sì che oltre la metà dei rifiuti arrivino al mare o sulle coste perché la raccolta differenziata non viene fatta in maniera corretta. Circa l’80% dei rifiuti sparsi per gli oceani è di origine antropica e arriva dalla terra ferma, mentre l’altro 20% per cento arriva dalle navi da crociera, mercantili o piattaforme marine (come quelle per l’estrazione di petrolio e gas). Il grave problema dell'inquinamento da plastica viene da molte persone sottovalutato, ma i numeri ci dicono al contrario che ad oggi sono presenti 6,3 miliardi di tonnellate di plastica sul pianeta e che 150 milioni sono nei mari.
I materiali plastici possono diventare un pericoloso nemico dell’uomo se non smaltiti in modo corretto perché i tempi di decomposizione sono molto lunghi ci vogliono 200 anni per i pannolini dei bambini, 100 anni per accendini e posate di plastica, 15 anni per le buste di plastica.
Effetto sui pesci e uccelli
I pesci che raggiungono le nostre tavole sono spesso carichi di particelle microplastiche che sono molto difficili da rimuovere. La plastica nei mari e negli oceani è in costante aumento e mette a rischio circa 690 di specie marine delle quali diverse sono a rischio di estinzione. Per ogni anno solare i ricercatori calcolano che 8 milioni di tonnellate (circa 19,5 miliardi di €) di plastica galleggiano negli oceani. Da alcuni esami effettuati su tonni e pesci spada sono stati trovati grandi quantità di plastica provenienti da tubetti di crema, dentifrici e spazzolini, questi pezzettini di plastica che i pesci scambiamo per plancton (il loro cibo normale) ingerendolo si avvelenano. La maggior parte dei cittadini/consumatori non è informato sul fatto è che le microplastiche non vengono trattenute dai sistemi di depurazione e finiscono così direttamente in mare. Ad esempio i cosmetici, pur non essendo la più importante fonte di microplastiche in mare, lo inquinano in maniera rilevante soprattutto per il loro uso frequente e su larga scala. Si valuta attorno a 24 tonnellate di “polvere” di plastica derivata dall’uso di cosmetici arrivino ogni giorno nei mari europei, per la rilevante cifra totale di circa 8600 tonnellate l’anno.
Gli uccelli marini confondono gli oggetti con colori vivaci per cibo o li mangiano accidentalmente e l’effetto sulla loro salute può essere devastante con diverse forme di avvelenamento che possono portare alla morte. Tartarughe e cetacei si cibano di sacchetti di plastica ritenendoli meduse, gli squali scambiano pezzi di plastica per pesci. I ricercatori non riescono a comprendere perché questi pesci e uccelli facciano questi errori che in molti casi possono essere fatale. I fili e le reti da pesca costituiscono un pericolo non soltanto durante il loro utilizzo nelle attività di pesca ma anche quando non sono usate o abbandonate avvolgendo uccelli, tartarughe e cetacei in un abbraccio mortale. L'inquinamento causato dalla plastica è potenzialmente pericoloso per gli animali, il che potrebbe influire negativamente sulle forniture alimentari umane con prevedibili cattive conseguenze sulla salute.
Plastica anche in laghi, fiumi e spiagge
La plastica non inquina solo oceani e mari ma sta diventando una piaga anche per i grandi laghi e i fiumi. Infatti è in aumento la presenza di microparticelle (particelle di dimensione inferiore ai 5 mm) di materiali ottenuti dalla lavorazione del petrolio nei bacini lacustri italiani, che la campagna di Legambiente/Enea del 2017 ha rilevato monitorando lo stato di salute delle acque dolci del paese. Nei sei laghi controllati sono state rinvenute microplastiche, con al primo posto al lago di Como (densità media di 157 mila frammenti per chilometro quadrato). La zona più inquinata è quella settentrionale, con un picco di oltre 500 mila particelle nel tratto in corrispondenza del restringimento tra Dervio (Lecco) e Santa Maria Rezzonico (Como). Secondo è il lago Maggiore (densità media di 123 mila particelle di plastica per chilometro quadrato) un picco di oltre 560 mila in corrispondenza della foce del fiume Tresa, tra Luino e Germignaga (Varese). Terzo il lago di Bracciano (117 mila particelle di plastica per chilometro quadrato) che risente della siccità e l’eccessiva captazione. Anche il lago Iseo ha una media di 63 mila frammenti. Sono stati registrati invece valori più bassi per il lago di Garda (10 mila particelle per chilometro quadrato) e per il Trasimeno (7.914).
Gli impianti di depurazione delle acque non sono efficaci sulle microplastiche perchè non riescono a filtrarle. A trasportare le microplastiche nei laghi sono i fiumi per cui è stata ampliata la ricerca campionando i corsi d’acqua prima e dopo i depuratori. Nell’Oglio, affluente del lago d’Iseo, è stato rilevato un incremento di particelle a valle del depuratore pari all’81%. Per l’Adda, fiume che alimenta il lago di Como, l’acqua che esce dall’impianto contiene il 62% di microplastiche in più di quella in entrata. I rifiuti di plastica inquinanti li troviamo anche sulle spiagge con la presenza di cotton fioc, bottigliette, copertoni e altro; fenomeno dovuto alla deturpazione continua e quotidiana all’ambiente prodotta dalle cattive abitudini dei cittadini rispetto al corretto smaltimento dei rifiuti.
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